Oggi vi regalo una foto e una storia. Forse molti di voi la conosceranno già ma per me è stata una sorpresa. L’ennesimo regalo di Carlo Vanoni. La storia che vi propongo è liberamente ispirata al suo romanzo “I cani di Raffaello”.
Queste in foto sono caramelle. 79 kg di caramelle. 79 kg era il peso di Ross Laycock quando stava bene, prima di contrarre l’AIDS.
Si può rappresentare il lento spegnerci di una malattia che ci consuma? La risposta è sì.
Il mucchio di caramelle è l’opera che Félix González-Torres fece per il suo compagno, per il suo grande amore Ross.
La gente nel vedere quelle caramelle nell’angolo del museo si chiedeva quello che ognuno di noi ancora oggi chiederebbe: “Posso prenderne una?” La risposta era: “Sì, certo!”.
Ed è così che le caramelle diminuivano, come il peso di Ross ammalato.
L’arte come metafora della vita, della morte e della malattia che sta in mezzo.
Diceva Felix: “La mia opera d’arte, senza un osservatore, non avrebbe alcun significato e diventerebbe l’ennesima noiosissima scultura buttata lì per terra. La mia opera invece non è niente del genere. Essa prevede interazione e grande collaborazione da parte dell’osservatore [ … ]. Il mio lavoro può essere tra il pubblico e il privato, tra il personale e il sociale, tra la perdita e la gioia di amare, di crescere, di cambiare, di diventare sempre più.”
In queste parole di Felix ho trovato il senso stesso dell’arte e l’importanza di educare alle immagini. Concludere una frase lasciandola aperta per noi, ha la stessa potenza di far consumare il peso del proprio amore nell’angolo di un museo. Perché per ognuno di noi quelle caramelle avranno un sapore diverso. Come accade con le immagini che ognuno di noi vede diversamente, perché non le vede con gli occhi ma con quella misteriosa tensione che si crea tra il cuore e il cervello.
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