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Storia di Giovanna, la Papessa.

La storia di Giovanna è importante perché parla di un Medioevo che in alcune nazioni del mondo è ancora attualità. Per capire cosa significasse nascere donna nel Medioevo, vi presento […]

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 5 Febbraio 2023

La storia di Giovanna è importante perché parla di un Medioevo che in alcune nazioni del mondo è ancora attualità.

Per capire cosa significasse nascere donna nel Medioevo, vi presento questa immagine tratta dal Codice di Saint Sever, risalente all’XI secolo. Questo codice era la trascrizione illustrata dei Commentari dell’Apocalisse scritti nel 776 da Beato da Liébana, un monaco cristiano spagnolo vicino ad Alcuino di York, che combatté l’eresia. 

Nell’Apocalisse si parla di sette angeli che annunciano sette catastrofi, ogni volta al suono di tromba. In questa immagine sono raffigurati gli effetti della tromba del secondo angelo, colui che annunciò la caduta in mare di un’enorme massa incandescente e la conseguente inondazione. Come è possibile notare gli animali annegati sono identificati attraverso scritte, come se il disegno dovesse essere ineccepibile: tutte le bestie dovevano essere riconosciute. Il miniatore non ritenne necessario apporre scritte sui quattro uomini morti che galleggiano,  ma tuttavia ritenne indispensabile identificare l’unica donna con la scritta “mulier” e far galleggiare sotto di lei un piccolo bambino. Una scena tanto macabra quanto chiarificatrice della considerazione che era riservata alle donne che per essere riconosciute in un disegno avevano bisogno della “targhetta” al pari degli animali. Una scena tanto macabra da ispirare Pablo Picasso per la rappresentazione degli esiti del bombardamento sulla città di Guernica. 

Parrà forte questo paragone, parrà una provocazione, ma ciò che è certo è che la società feudale dell’alto medioevo era una società maschilista, fondata sul patriarcato. I patrimoni fondiari erano trasmessi dal padre al figlio primogenito maschio, l’unico che si poteva sposare. Gli altri figli maschi potevano mettersi al servizio di qualche signore e rimanevano per lo più celibi. Le figlie femmine invece erano “pedine” nelle mani del padre (se c’era, o dello zio, del fratello, o dell’uomo che comandava in casa insomma) e venivano sposate o meglio sarebbe dire cedute, al pretendente più vantaggioso per la famiglia. Spesso erano spose bambine, costrette anche a più matrimoni per rincorrere alleanze preziose tra le famiglie.

La storia di Giovanna è una storia un po’ diversa, perché non fu ceduta in matrimonio a nessuno. I racconti che la riguardano si ritrovano su vari manoscritti per tre secoli, dal 1250 al 1550 circa, ma ad oggi non si ha certezza che questa donna sia realmente esistita. 

La sua nazionalità è incerta, forse inglese, forse tedesca, e pare fosse figlia di un monaco e di un’allevatrice di oche. Cresciuta a pane, teologia e filosofia, mostrò fin da piccola propensione allo studio, attività riservata agli uomini di alto rango e ai monaci.

Rimase orfana ancora bambina e venne accolta nel convento di Musbach dove iniziò ad essere cresciuta al pari dei maschi e fu indirizzata al lavoro di copista amanuense

Il suo corpo era androgino, portava i capelli corti a caschetto come tutti i chierici e vestiva come loro con una tunica di lana grezza. Condusse una vita austera e non esitò mai a compiere lavori faticosi, come tutti gli altri monaci, cosa che contribuì a mimetizzare la propria natura femminile. 

In convento Giovanna conobbe Geremia, un giovane monaco che era stato mandato lì perché abilissimo copista di Testi Sacri. Geremia scoprì il segreto di Giovanna e se ne innamorò. Il sentimento fu corrisposto e i due partirono dall’Inghilterra alla volta di Atene per proseguire i loro studi sulle Sacre Scritture e sui testi di teologia. Da Atene i due si spostarono a Roma ma fu proprio qui che Geremia lasciò Giovanna. Il dolore della donna fu sordo e profondo e decise così di buttarsi a capofitto nello studio della teologia senza dismettere di indossare gli abiti maschili così da poter continuare a frequentare gli ambienti religiosi più importanti, luogo di cultura interdetto alle donne. Fu a quel punto che, con il nome di Johannes Anglicus, iniziò la sua attività di predicatore. Giovanna fu ben presto apprezzata per la profondità e la ricchezza delle sue prediche, da tutte le autorità dell’alto clero, a tal punto che alla morte di Papa Leone IV, i cardinali la elessero pontefice con il nome di Giovanni VIII ignorando ovviamente la sua vera identità

Giovanna non cercò questa carica, le fu assegnata per merito, perché era considerata la migliore. Il tempo passava e accadde che Giovanna si innamorò nuovamente, questa volta di un giovane del suo seguito. In seguito a questa relazione proibita concepì un bambino. Nascose la gravidanza sotto gli abiti papali e non sapendo quando si sarebbe compiuto il tempo del parto, fu colta dalle doglie in pubblico, durante la processione pasquale che si svolgeva tra San Pietro e i Palazzi Lateranensi. La povera Giovanna partorì in strada. La sua storia, già così abbastanza complessa e controversa, dall’evento del parto in avanti viene raccontata con finali diversi. Alcuni storici narrano che sia morta di parto, e con lei il bambino. Altri narrano che la folla indignata lapidò entrambi sul posto.

Tutto il popolo fu colpito da questa storia e i vescovi furono accusati di avere eletto Papa una donna. Non doveva più accadere questo errore e fu così che da quel momento si iniziò a verificare il sesso di quello che avrebbe dovuto essere nominato nuovo Papa facendolo accomodare su un trono … molto particolare!

Il papa si alzava le vesti e veniva fatto sedere su di un sedile in pietra. Due diaconi erano incaricati di verificare il suo sesso, tastando attraverso il foro. Fatto ciò a gran voce annunciavano ai cardinali riuniti in conclave: “Virgam et testiculos habet et bene pendentes” e quelli rispondevano “Deo gratias”.

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