Molto spesso si pensa che per il solo fatto di non essere “civilizzati”, almeno nell’accezione moderna del termine, gli uomini preistorici fossero privi di emozioni, insensibili, bestiali. Ci sbagliamo. La storia della sepoltura del “Giovane Principe” e la cosiddetta “sepoltura 5” ci dimostrano che le origini del concetto di “cura” esistevano già allora. Queste tombe furono scoperte nella Grotta delle Arene Candide a Finale Ligure e appartengono a due periodi diversi.
La tomba del “Giovane Principe” risale a 28000 anni fa e appartiene ad un ragazzo di circa quindici anni, morto per un forte trauma al volto e a una spalla. Il trauma fu provocato quasi certamente dall’aggressione letale di un grande carnivoro: all’epoca la fauna ligure era diversa da quella attuale e comprendeva l’ursus spelaeus, l’orso delle caverne, che si estinse intorno a 24000 anni fa. Il giovane fu sepolto disteso sopra uno strato di ocra, supino, con un ricco corredo funebre che comprendeva sia armi che ornamenti preziosi. Un altro strato di ocra fu spolverato anche sul suo corpo. Tra gli oggetti ritrovati con lui è stato possibile riconoscere un copricapo, un bracciale e una collana tutti realizzati intessendo piccole conchiglie forate. Il bracciale aveva un pendente in osso di mammut raffigurante una venere stilizzata. Nella mano destra stringeva una lunga lama di selce di provenienza francese, mai utilizzata e quindi presumibile realizzata appositamente per la sepoltura.

É possibile ipotizzare che questa sepoltura così ricca abbia costituito una specie di riconoscimento per il giovane, per la sua virtù e che seppellendolo con armi da caccia credessero in una vita ultraterrena. Di tutto questo però, non vi è traccia certa.
La sepoltura n°5, datata alla seconda metà del IV millennio a.C., rappresenta un altro importante indizio che il concetto di cura esistesse anche in tempi lontani. Si tratta della tomba di un giovane di quindici anni di sesso maschile, seppellito nella posizione del “dormiente”, a ginocchia flesse e con le mani vicino al volto. Le indagini sullo scheletro hanno evidenziato come il giovane fosse affetto da tubercolosi ossea, una malattia con decorso lungo e debilitante che risulta quasi sempre mortale in assenza di antibiotici. Le ossa sono gracili e presentano diverse anomalie. Certamente la comunità alla quale il giovane apparteneva si occupò di lui accudendolo per lungo tempo, nonostante fosse infermo e quindi non potesse in alcun modo contribuire al sostentamento del gruppo. Le comunità del Neolitico avevano già sviluppato un grande rispetto per la vita di tutti, senza distinzione e senza favorire i più forti, o quelli che erano in grado di aiutare la comunità in maniera attiva, andando a caccia o coltivando. Si tratta di una considerazione collegata a una scoperta archeologica, di grande importanza. Il giovane non fu messo da parte o allontanato, fu curato e seguito e infine seppellito come tutti gli altri.
Avreste mai immaginato che fossero queste le origini della “cura”?

Fotografie tratte dall’archivio del Museo Storico del Finale
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