” (…) Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano,
tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo (…)”
“Quelle come me” è il titolo di una bellissima poesia di Alda Merini.
In campo artistico ma anche professionale e familiare, quelle come noi, nate però 100, 200, 300 o più, anni prima di noi, sono state spesso invisibili.
Il progetto “Quelle come me” nasce per dargli voce, nasce per diffondere piccole storie nelle nostre classi, per condividere volti, opere d’arte, parole che sono rimaste impigliate tra le righe di una storia che ancora oggi fa differenze di genere.
Il mondo dell’arte è stato assai poco frequentato dalle donne nei secoli passati. A partire dalla figura di Artemisia Gentileschi e grazie agli studi che si sono sviluppati e all’attenzione che il “suo caso” ha risvegliato negli storici e nell’opinione pubblica, lentamente si è “scoperto” che anche figlie, madri, mogli e sorelle dipingevano, che sapevano pure farlo molto bene e questo nonostante ricevessero un’istruzione diversa da quella degli uomini, per lo più domiciliare. Moltissimo rimane da fare per conoscere quel mondo.
Le donne pittrici erano nella maggior parte dei casi monache, o figlie di artisti, o donne della classe media e alta che completavano la loro educazione con lezioni di belle arti. Oltre alla pittura, un’altra pratica diffusa tra di loro era quella che oggi chiameremmo del Diario Visivo: racconti, foto ritagliate, frammenti di mappe, fiori pressati si mischiavano ad acquerelli o schizzi a matita e permettevano alle donne di raccontarsi e ritrarre loro e il loro piccolo mondo famigliare.
Le immagini da colorare che vi proporrò nei prossimi mesi, collegate a questo progetto, hanno lo scopo di connetterci con quel passato nascosto della creatività femminile, ma anche con la storia di tutte quelle artiste che avrebbero potuto essere considerate professioniste e che, nella pratica, sono rimaste per secoli ai margini delle narrazioni ufficiali della storia dell’arte.
Colorare i loro ritratti potrà parere un’operazione meccanica e superficiale ma in realtà rappresenta di più, significa anche connettersi, come si diceva, con quella genealogia di donne anonime vestite di sottogonne e crinoline che disegnavano e cucivano, cucivano e disegnavano, in un’attività che potrebbe sembrare una mera ripetizione di ciò che ci si aspettava da loro – mitezza, silenzio, attenzione ai dettagli – ma che aveva anche qualcosa di più, come ha detto Rozsicka Parker, rappresentava un “punto sovversivo”.
Colorare i loro ritratti e le loro opere sarà raccontare le loro vite, sarà sfuggire all’oblio, rappresenterà una piccola azione di protesta che cerca di aprire crepe all’interno della storia androcentrica della storia dell’arte.
Stampando le immagini che via via condividerò con voi potrete creare (e far creare in classe) un piccolo libricino di “Quelle come me” a sostegno della parità di genere e dedicato a noi tutte.
Buon lavoro!
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