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Cosa c’è di più bello di questo?

“Cosa c’è di più bello di questo” è l’incipit di numerosi discorsi pubblici di Kurt Vonnegut, specie in occasione delle cerimonie per i neolaureati. Cose c’è di più bello di […]

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 5 Marzo 2020

“Cosa c’è di più bello di questo” è l’incipit di numerosi discorsi pubblici di Kurt Vonnegut, specie in occasione delle cerimonie per i neolaureati.

Cose c’è di più bello di questo, oggi 5 marzo 2020, molti di noi saprebbero dirlo. Oggi che siamo protagonisti, nostro malgrado, di una pagina di storia. Sui libri si scriverà di quel marzo in cui le scuole rimasero chiuse quale misura di contenimento di un'”influenza” molto contagiosa e molto particolare. Scuole, teatri, musei, biblioteche, palestre, luoghi di aggregazione e di incontro, tutti chiusi.

Mi si controbatterà che guardo solo il mio orticello. Che si muore di più e peggio in Siria e al confine tra Turchia e Grecia. Non che io non lo sappia. Ma tant’è, il mio “hic et nunc” oggi mi fa “sanguinare”.

So di non essere sola, perché il malessere è tangibile. Chi tra noi è particolarmente sensibile, in questi giorni soffre. Soffre per il dilatarsi nel tempo dell’attesa: perché non conosce cosa sta aspettando, perché non conosce il tempo che dovrà aspettare.

Io oggi ho avuto bisogno di rifugiarmi nel mio Diario Visivo. Credo che sia normale possedendo un Diario. La scrittura autobiografica è da sempre rifugio, balsamo e cura per l’anima.

Condivido con voi non l’esito del mio lavoro bensì gli ingredienti per il laboratorio. Per curarmi ho usato le parole. Vi invito a provare a fare altrettanto.

Ho trascritto una poesia e un testo in prosa, rispettivamente di Langston Hughes e Kurt Vonnegut (cliccando sul link precedente è possibile visualizzare i due testi). Quindi li ho stampati. Ho ritagliato i versi e le frasi e ho composto un nuovo testo in prosa (è necessaria qualche piccola modifica poiché la poesia è dedicata a un “figliolo” mentre il testo in prosa è indirizzato a un pubblico vasto, ma il risultato vi sorprenderà).

Mi ha fatto stare bene scrivere, mi ha fatto pensare a quando sono felice e non ci faccio caso, al bisogno di stare bene e a quello di farci caso. Mi ha anche fatto ricordare questa frase di Robin Williams:

Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino. Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.

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