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Ecco Nefertiti, la bella che qui viene

Studio storia dell’arte sui saggi: credo che un insegnante di arte non possa preparare le lezioni semplicemente sui libri di testo. E poi viaggio più che posso per vedere dal […]

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 19 Gennaio 2022

Studio storia dell’arte sui saggi: credo che un insegnante di arte non possa preparare le lezioni semplicemente sui libri di testo. E poi viaggio più che posso per vedere dal vivo (ossia per vivere) le cose di cui parlo in classe. Penso che ogni docente (di arte) abbia le sue passioni e che le lezioni più belle le faccia a partire proprio dalle sue passioni.

In questi giorni sto parlando nelle mie prime di un argomento che mi affascina molto ma che ho imparato sui libri: non sono mai stata in Egitto purtroppo e quello che conosco della civiltà egizia è frutto di un paio di visite al Museo di Torino e di studio. E’ abbastanza triste tutto ciò, se ci penso bene non mi sento qualificata.

Prima di incontrare Ballata delle donne imperfette di Edgarda Ferri, Edizioni La Tartaruga, non avevo mai letto la storia di Nefertiti. E sono le storie quelle che cerco, perché le storie piacciono a tutti. E’ facile incontrare saggi in cui si parli del ritrovamento di un reperto archeologico, delle indagini che ne sono seguite, dell’analisi stilistica. Ma sono informazioni con cui fare una lezione di arte a 30 adolescenti non è facile. Da qui nasce il podcast allegato a questo articolo, dall’avere letto un’avvincente storia su un libro molto interessante e dall’avere condiviso questa lettura coi miei ragazzi. I benefici della lettura ad alta voce sono noti e ampiamente illustrati in diversi libri di settore. Io cerco di leggere più che posso ad alta voce ai miei figli e ai miei ragazzi storie come quella di Nefertiti, la bella che qui viene, la più bella tra le 13 mogli di Amenofi III: è un modo di fare lezione che consente di raggiungere anche chi non è in presenza e di stargli “vicino”.

Seguo diversi blog di arte e varie pagine sui social. Ricorrenti domande del tipo: “Per l’Egitto che lavoro fate?” (…) “Avete consigli su un lavoro da svolgere per l’arte bizantina?” e così via.

Io credo che non servano lavori collegati all’argomento di arte che si sta trattando se non sono finalizzati all’apprendimento di qualche altra conoscenza, all’acquisizione di qualche abilità o alla trasformazione di queste e quell’altre in competenze.

Detto questo è chiaro che devo pur insegnargli un minimo di disegno anche io. Perché qualche regola serve anche in Arte e Immagine e d’altro canto sarebbe illusorio pensare di insegnare italiano senza grammatica. Anche l’arte ha le sue regole e la sua grammatica.

Quindi, in parallelo con la lettura di Edgarda Ferri ho proposto alle mie classi il disegno di Nefertiti (si veda scheda allegata). Non l’ho fatto per “illustrare” la storia che gli avevo letto ma l’ho fatto per insegnargli qualche trucchetto da applicare quando si disegnano soggetti con assi di simmetria. Forse vi parrà una banalità, ma non lo è. Perché? Perché ho condiviso con loro gli obiettivi del nostro laboratorio. E allora Nefertiti non è stata una parentesi di disegno e nemmeno un’illustrazione, è stata l’occasione per riflettere sugli assi di simmetria, su come applicarli e sfruttarli nel disegno a nostro vantaggio, per sentirci più capaci e scoprire di saperlo fare.

La cosa più importante in classe, almeno nel mio metodo, è la condivisione degli obiettivi coi ragazzi. Io credo che ogni laboratorio debba essere un’esperienza perché il laboratorio è esperienza ossia apprendimento pratico e diretto finalizzato alla crescita e al rafforzamento delle proprie competenze e ciò può avvenire solo a patto che siano esplicitate le finalità.

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