L’etimologia stessa della parola “compassione” ci spiega come essa possa trovare uno spazio all’interno del nostro Diario Visivo, strumento indispensabile nel nostro percorso di crescita personale.
Compassione deriva dal latino cum patior – soffro con – e dal greco συμπἀθεια , sym patheia – “simpatia” e all’interno delle Scienze dell’Educazione assume il significato di sentimento per il quale un individuo percepisce emozionalmente la sofferenza altrui desiderando di dividerla con sé.
Jean Jacques Rousseau sottolineò l’importanza della compassione nell’educazione morale dell’adolescente e la necessità di fargli provare esperienze in grado di risvegliare in lui il bisogno e la capacità di condividere le sofferenze degli altri.
Le persone creative sono tipicamente sensibili
Le persone creative sono tipicamente sensibili e predisposte all’empatia e alla compassione. Esse hanno una percezione del mondo diversa dalla media degli individui poiché hanno più “elevate” capacità di osservazione, elaborazione e trasformazione della realtà che osservano. Questa loro apertura nei confronti del mondo fa sì che esse appaiano spesso come persone “poco socievoli”, chiuse in sé ma contemporaneamente estremamente empatiche: assorbendo molto dal mondo esterno, tendono a incamerare dalla realtà sia il positivo che il negativo, ferendosi facilmente.
Il lavoro che ho proposto al gruppo di adulti che seguono i miei laboratori, intitolato Tu hai le ali!, riguarda proprio la percezione del mondo, la compassione per se stessi e la liberazione di questi sentimenti sul proprio Diario Visivo.
Ritagliamo un momento per noi stessi
La prima cosa da fare è ritagliare un momento per noi stessi, isolarci dal contesto, chiudere fuori i pensieri del lavoro e della vita quotidiana, sederci e prendere tra le mani il Diario Visivo. E’ necessario stare a occhi chiusi liberando la mente fino a quando ci sentiamo pronti ad interrogare il nostro critico interiore. A questo punto possiamo aprire gli occhi ed il diario sfogliandolo fino a trovare una pagina che ci faccia stare bene e che abbia dei colori compatibili col momento che stiamo attraversando. Qui è possibile appuntare i messaggi più comuni che il nostro critico interiore ci fa sentire. Volendo, si può trovare il modo per celare questi messaggi in modo che si possa scegliere se leggerli o meno in futuro.
Fatto ciò facciamo una pausa e prepariamoci alla fase successiva, sfogliando il diario, questa volta alla ricerca di una pagina che non ci soddisfa.
Facciamoci delle domande
Domandiamoci perché questa questa pagina non ci soddisfa? Perché pensiamo che non piacerà a nessuno? Cosa c’è sotto questa affermazione? Quali pensieri critici interiori più elaborati vivono lì? Qual è il pensiero alla base dell’affermazione “questo disegno non ci piace”? Perché abbiamo bisogno che il nostro lavoro piaccia ad altre persone?
Una possibile risposta su cui riflettere potrebbe essere: perché se la gente ama i nostri disegni probabilmente penserà di noi cose positive che influenzeranno a loro volta il giudizio della gente e io piacerò sempre di più. Abbiamo bisogno di approvazione, ad esempio.
Diamo una risposta a tutte le domande precedenti scavando a fondo dentro di noi e non fermandoci a questioni puramente “formali” (ad esempio: “questa pagina non mi piace perché ho accostato male i colori” non è una risposta “profonda”).
Quali bisogni hanno messo in luce le nostre risposte? Abbiamo bisogno di essere visti, di sentirci sicuri, di piacere? La nostra autostima può aumentare solo se piacciamo agli altri? Come possiamo avere autostima e amore per noi stessi?
La parola “compassione”
Chiamiamo in gioco la parte di noi saggia e compassionevole. Ricordiamoci il significato della parola “compassione” e il ruolo che essa riveste nella crescita di una persona. Se non riusciamo a farlo, facciamo un esercizio di empatia e immaginiamo di avere a che fare con qualcuno che amiamo molto e che vogliamo difendere a ogni costo. Evitiamo di usare il linguaggio del giudizio e cerchiamo di riflettere semplicemente su ciò che sentiamo.
La nostra parte saggia potrebbe indicarci che abbiamo bisogno di sentirci sicuri, apprezzati e visti. Vogliamo essere importanti. Abbiamo bisogno di amarci.
I pensieri prodotti dal critico interiore sono lì perché “egli” vuole che noi evitiamo di ferirci ulteriormente, avvertendo magari bisogni insoddisfatti che giacciono nel nostro inconscio.
Forse allora “questa pagina non mi piace” significa “ho bisogno di piacere, ho bisogno di amarmi”.
Bene, adesso cerchiamo di fermare il giudizio su di noi e lavorare su messaggi positivi che possono aiutarci a stare meglio. Proviamo a trasformare il critico interiore in un messaggero positivo che possa indicarci come crescere e vivere meglio.
Sul Diario Visivo, di fianco alla pagina in cui abbiamo scritto i messaggi del critico interiore, scriviamo quindi i messaggi della nostra parte compassionevole e prepariamoci per il tutorial oggetto del prossimo articolo!
Se non l’hai ancora fatto, leggi l’articolo precedente: Tu hai le ali!
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