
Io credo che il segreto per rinnovare la didattica dell’arte sia partire dal cuore. E dalla ragione. Ma non da quelli degli insegnanti, giacché loro dovrebbero metterci sempre cuore e ragione. Da quelli dei ragazzi. L’educazione all’immagine è una cosa troppo delicata nel XXI secolo per permettersi di non arrivare a ognuno di loro. E lo si può fare solo attraverso la storia. Perché è già tutto lì. Ma non si può raccontargliela come la raccontavano a noi. No. Bisogna renderli protagonisti del processo di apprendimento. Non semplicemente coinvolgerli. Renderli protagonisti. Da questo concetto nasce il progetto di Diario Visivo, che coniuga in una prospettiva nuova, la tradizione del disegno con la pratica della scrittura, la storia dell’arte con la letteratura e le immagini. Ecco. Le immagini. Per capire cosa avrebbe dovuto diventare la mia disciplina (Arte e Immagine), sarebbe stato sufficiente leggere cosa scrisse Wunenburger della parola “immagine”: “una rappresentazione concreta, sensibile (a titolo di riproduzione o copia) di un oggetto (modello referente) materiale (una sedia) o concettuale (un numero astratto), presente o assente dal punto di vista percettivo, e che intrattiene un tale legame col suo referente da poterlo rappresentare a tutti gli effetti e consentirne così il riconoscimento e l’identificazione attraverso il pensiero.”
Io credo che sia tutto qui. In queste ultime parole. La nostra storia da raccontare, quella dei nostri allievi, sono tutte lì, celate nelle immagini che scegliamo per il nostro diario, sepolte nel rapporto da svelare tra referente e pensiero, tra oggetto e scrittura, tra arte e vissuto. L’importante è incominciare.
Buonanotte sognatori.
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