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Educare alla bellezza col metodo Diario Visivo

Per chi di voi mi segue ed è insegnante, si è aperto ieri un nuovo anno scolastico e allora urge illustrarvi perché credo fortemente che introdurre il Diario Visivo in […]

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 3 Settembre 2019

Per chi di voi mi segue ed è insegnante, si è aperto ieri un nuovo anno scolastico e allora urge illustrarvi perché credo fortemente che introdurre il Diario Visivo in classe possa fare la differenza e possa costituire un valido strumento per educare alla bellezza.

La bellezza come stile cognitivo

Nella mia concezione di disciplina, la bellezza deve diventare uno stilo cognitivo: “Arte e Immagine” può farlo forse in maniera più immediata, ma tutte le altre discipline non sono assolte da questo compito. 

Fiori

Educare alla bellezza non corrisponde soltanto al riconoscimento di cose e oggetti belli, non significa necessariamente insegnare a formulare una scala di valori e una gerarchia di giudizi (questo è bello, mi piace; quello non è bello, non mi piace), ma significa piuttosto educare alla sperimentazione di una dinamica personale che dalla percezione conduce all’elaborazione prima e all’interpretazione poi, dell’io e del mondo. Significa educare alla sperimentazione della meraviglia.

Il compito degli insegnanti non può fermarsi alla trasmissione e valutazione di conoscenze e competenze, deve piuttosto aprire ai ragazzi la porta dell’esistenza reale, stimolandoli a produrre meta-cognizioni che li aiutino a formarsi nella propria identità. 

Le immagini ci appartengono per prime

In questa direzione muove anche il Diario Visivo: un diario fatto di immagini prima che di parole, un diario scritto in un linguaggio arcano, che ci appartiene fin dalla nascita poiché le immagini vengono a noi prima delle parole e dei segni.

Mostra di autoritratti dei miei allievi delle classi terze dell’I.C. Finale Ligure – Fortezza del Priamar, Savona

In un mondo in cui siamo bombardati da messaggi tra cui è difficile scegliere, spesso incomprensibili, violenti, portatori di falsi valori e comunque di valori altrui, il Diario Visivo ci obbliga a una scelta su cosa conservare, su ciò che ci rappresenta, e ci obbliga a definire cosa sia per noi la bellezza: in sintesi ci obbliga a confrontarci con il nostro io. Al Diario non è necessario mentire, è possibile togliersi la maschera e costruire un dialogo interiore che non solo ci aiuterà a non perderci, ma ci accompagnerà nei momenti di crescita e cambiamento. La scrittura diaristica è in grado di farci crescere come soggetti evitando di confonderci mentre indossiamo le nostre maschere quotidiane ed evitando quindi di cadere in forme di ansia e tristezza legate all’estraneità a noi stessi.

La radice oggettiva della bellezza

Semir Zeki, celebre neuroscienziato del University College of London, ha dimostrato con TAC e risonanze magnetiche cerebrali, che la radice oggettiva della bellezza è riconosciuta da tutti e si può trovare ovunque. Compito dell’educatore quindi non sarà solo insegnare a riconoscerla ma anche indicare la strada per distinguere tra la fenomenologia del bello, il suo manifestarsi, e l’essenza o significato ultimo a cui rimandano immagini e manifestazioni delle cose e delle persone con le quali veniamo in contatto.

Fiori e bellezza

Il recupero della bellezza potrà avvenire attraverso la riscoperta della natura, dell’amicizia e della comunione con gli altri, dell’arte, di ciò che risulta racchiuso nelle esperienze della propria interiorità, specie quelle che abbiamo scelto di conservare nel nostro Diario Visivo. In quest’ottica sarà necessario invitare, senza obbligare, i ragazzi a condividere le pagine dei propri Diari che ritengono più rappresentative del proprio io interiore, aprendosi ai compagni con una modalità più intima e profonda.

Kalòs kai agathòs

In ultima analisi, non per importanza, sarà opportuno a mio giudizio invitare i nostri allievi alla considerazione di un binomio ormai quasi dimenticato, e ciò la corrispondenza tra bellezza e bontà. Non si tratta di un nostalgico ritorno alla Grecia classica ma piuttosto un invito a riscoprire le basi di una cittadinanza veramente “etica”.

Mani e bellezza

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