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Diario Visivo, il metodo

Diario Visivo nasce dal mio percorso come insegnante di Arte e Immagine e come formatrice in corsi per adulti. La genesi di questo metodo quindi è la risposta da un […]

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 23 Dicembre 2020

Diario Visivo nasce dal mio percorso come insegnante di Arte e Immagine e come formatrice in corsi per adulti. La genesi di questo metodo quindi è la risposta da un lato all’esigenza espressa, sia dai miei allievi che da colleghi e amici, di volersi raccontare con disegni e parole e dall’altro all’esigenza avvertita di sospendere il giudizio, di lavorare senza preoccuparsi della valutazione e di rafforzarsi nella consapevolezza di “poter fare” e di “saper fare”.

Diario Visivo ha origine nel laboratorio di arte di una scuola secondaria di primo grado e ha tutte le caratteristiche della didattica laboratoriale. 

La forza del metodo consiste nel comportamento strategico che l’insegnante (il formatore) deve adottare nel gruppo:

  • esplicitando gli obiettivi del laboratorio;
  • illustrando i contenuti di ogni fase dell’attività;
  • spiegando i mezzi (materiali) a disposizione;
  • riducendo al minimo il dispendio di energie fisiche ed emotive per i partecipanti (cosa che può essere fatta solo pianificando con attenzione i punti precedenti).

Oltre a ciò bisogna sempre prevedere laboratori in cui

  • tutti abbiano un ruolo attivo;
  • le attività possano essere svolte in autonomia o col tutoraggio tra pari;
  • siano chiari all’insegnante i processi di pensiero richiesti per lo svolgimento del laboratorio;
  • siano definiti dall’insegnante i tipi di conoscenza su cui lavorano suddetti processi di pensiero;
  • sia previsto un momento di autovalutazione, per mettere a punto il quale sono fondamentali i due precedenti momenti. 

Detto ciò, va precisato che le dinamiche del Diario Visivo e della didattica laboratoriale non escludono l’applicazione e l’utilizzo del metodo in contesti diversi da quelli dei laboratori scolastici: questa dispensa si pone l’obiettivo di illustrare una serie di buone pratiche che possono essere impiegate tanto in ambienti comunitari quanto in piccoli gruppi, in famiglia o dal singolo. 

Il fatto che la genesi del metodo abbia avuto luogo in una scuola è legato alla mia personale necessità di cambiare rotta nella didattica dell’arte: una didattica che è cambiata troppo poco negli ultimi vent’anni, o forse piuttosto che si è modificata dimenticando il legame esistente e necessario, oggi più che mai, tra uomini e arte

Nei vecchi libri di Arte e Immagine, o più correttamente nei libri di Educazione Artistica, l’insegnante era invitato a porre durante la prima lezione alcune domande agli allievi: che cos’è l’arte? A cosa serve l’arte? Cosa significa vedere? Cosa serve per fare arte? Si potrebbe vivere senza arte? Ogni allievo doveva rispondere, ogni allievo diventava il protagonista della prima lezione di arte. Quale modo migliore per incoraggiare e rafforzare l’idea di essere artisti? Le lezioni venivano presentate con un’attenzione “all’umano”, “al soggetto” che oggi è andata perduta e che invece dovrebbe tornare attuale.

L’introduzione di un Diario Visivo nelle mie lezioni è stata la risposta alla domanda “di umano” che ho avvertito come insegnante. Ma anche, come detto, è stata la risposta al bisogno che ognuno di noi ha di raccontarsi e autodeterminarsi, dandosi un senso, disegnandosi un confine e varcandone un altro, dandosi una forma. 

I libri di Arte e Immagine sono oggi orientati tutti verso l’apprendimento di tecniche, la conoscenza di contenuti e la trasformazione di quelle e questi in competenze che nulla hanno a che vedere con la crescita dell’uomo. Si spendono fiumi di parole per promuovere un nuovo tipo di conoscenza, verticale e trasversale, per incoraggiare la didattica personalizzata, per spingere verso compiti di realtà. E poi? Poi il senso sfugge. Perseverano lezioni preconfezionate, in versione large, medium e small, come fossero vestiti da far indossare o cibi da acquistare a seconda della propria massa grassa. Perseverano esercizi rigidi, asettici, accademici, performanti.

Queste pagine possono essere un compendio per una didattica dell’arte più “umana”. L’intento è indicare un percorso, una strada possibile per mettersi alla prova, stimolare la creatività, l’osservazione, le connessioni, l’utilizzo delle conoscenze e delle abilità, per creare competenze e innescare un rinnovato e consapevole benessere.

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