“Il potere della creatività è immaginare il mondo prima che sia parte del mondo” dice l’arch. Ingels Bjarke, autore del progetto del Two World Trade Center di New York, sicuramente uno degli architetti più creativi e visionari in questo momento.
Vediamo di riprendere il discorso lasciato nel precedente articolo a proposito del pensiero creativo e di ciò che ci insegna il neuroscienziato David Eagleman.
Eravamo rimasti alla scoperta del rapporto tra corteccia prefrontale e immaginazione: sembra infatti che sia proprio grazie alla corteccia prefrontale che possiamo immaginare quello che non è proprio davanti a noi, provare nuove idee, considerare ciò che non esiste già.
L’evoluzione del nostro cervello ci permette di considerare più di una possibilità prima di decidere cosa fare e ci ha dato la nostra creatività, distinguendoci dagli animali e rendendoci unicamente creativi.
Partendo dal presupposto che siamo tutti creativi, vediamo cosa succede al nostro cervello quando attiviamo il processo creativo. Esso è l’esito del continuo scontrarsi tra nuovi e vecchi input: odori, sapori, suoni, immagini, conversazioni sono costantemente riconfigurati nel nostro cervello.
Vecchi e nuovi input sono ogni secondo della nostra vita in grado di dar vita a nuovi output.
La creatività non appartiene a una regione specifica del nostro cervello, emerge invece dall’interazione di miliardi di neuroni che mandano trilioni di impulsi elettrici. Vista e udito sono mescolati con emozioni e ricordi vecchi e nuovi.
Ogni nuova esperienza è un input per il nostro cervello ed esso è pronto a creare nuove idee. Creare nuove idee ed essere creativi non significa generare qualcosa dal nulla ma trovare nuove combinazioni per qualcosa che esiste già.
Il Diario Visivo come concretizzazione del pensiero
Le creature di Phil Tippet, autore di celebri scenografie e personaggi per Star Wars e Jurassic Park ad esempio, sono esemplari in questa direzione. Egli possiede una stanza della creatività dove raccoglie gli oggetti più disparati, input per i suoi lavori.
Inoltre egli raccoglie foto, ritagli di libri e giornali e tutto ciò che lo attira, incollandolo in diari che lo aiutano a materializzare, a rendere concreto ciò a cui sta pensando.
I suoi diari sono la rappresentazione visiva di ciò che succede nel suo cervello. Egli ammette che sfogliandoli, pur avendovi apparentemente attaccato cose a caso, “prova qualcosa”, trova soluzioni e nuove idee.
Grazie a questi diari Lui è in grado di raccogliere input e poi de-costruirli, smontarli, per costruire qualcosa di nuovo.
Ecco smontato il primo falso mito della creatività: essere creativi non significa creare qualcosa dal nulla ma creare nuove combinazioni per gli input che abbiamo ricevuto dal mondo esterno.
Pur ispirandosi a cose già realizzate da altri saremo in grado di produrre sempre qualcosa di originale e unico perché gli input del mondo esterno saranno sempre rielaborati dal nostro mondo interiore che è unico e irripetibile. Proprio in questo solco si inserisce il metodo del Diario Visivo.