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Storia di Amedeo, per gli amici “Modì”

Se penso ad Amedeo Modigliani, penso a una calamita. Chi non era attratto da lui per il fascino, era attratto da lui per la cultura, per la bellezza che scaturiva […]
Amedeo Modigliani, Ritratto di Aristide Sommati,1909 circa, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 24 Gennaio 2024

Se penso ad Amedeo Modigliani, penso a una calamita. Chi non era attratto da lui per il fascino, era attratto da lui per la cultura, per la bellezza che scaturiva dal suono delle parole che pronunciava con la sua voce profonda, per il magnetismo che emanava grazie alla sua capacità di conversare su qualunque argomento. D’altronde era cresciuto in mezzo ai libri, in una famiglia indigente che tuttavia non aveva mai risparmiato sull’educazione.
E se la felicità non fa narrazione, questo racconto vi piacerà.

Nacque il 12 luglio del 1884 a Livorno, quarto figlio di una famiglia ebraica che stava attraversando un momento di gravi difficoltà economiche. La storia racconta che fu partorito su di un letto ricoperto di oggetti: sua madre aveva appoggiato lì i pochi beni preziosi che non si era ancora venduta per pagare i debiti e gli ufficiali giudiziari non avevano potuto requisirglieli poiché la legge imponeva che ciò che era posto sul letto di una partoriente non potesse essere confiscato.

Per sbarcare il lunario, a partire dal 1886 mamma Eugenia Garsin, aiutata della sorella Laura, iniziò ad ospitare una scuola presso l’abitazione di famiglia. Amedeo venne fin da piccolo educato con gli altri allievi e crebbe così in un ambiente colto.

Nel 1898 il giovane si ammalò di tifo e fu in fin di vita. In quell’occasione, si fece promettere dalla madre che se fosse guarito avrebbe potuto lasciare gli studi classici e dedicarsi all’arte. Così fu. Iniziò a frequentare  il pittore macchiaiolo Guglielmo Micheli e conobbe Giovanni Fattori. Le sue prime opere hanno il fascino malinconico dei pittori livornesi e sono ambientate negli stessi paesaggi, realizzate sugli stessi cartoni da imballaggio, con la medesima tecnica pittorica.

Nel 1900 Amedeo si ammalò nuovamente, questa volta di tubercolosi, malattia che rese fragilissimi i suoi polmoni e che lo segnò per la vita. Per questa ragione la madre decise di accompagnarlo nel Sud Italia alla ricerca di un clima più mite. Insieme visitarono Napoli, Capri, Amalfi e nel 1902 raggiunsero Roma. Qui egli passò l’inverno copiando le opere dei grandi maestri nei musei e venne a contatto con un clima molto stimolante. 

Quando tornò al nord scelse di abbandonare l’ambiente ristretto di Livorno e si iscrisse alla “Scuola libera di Nudo” di Firenze, dove fece le prime esperienze come scultore. La pietra rimase per sempre nel suo cuore ma fu costretto a smettere di scolpire a causa delle polveri di lavorazione e delle sue precarie condizioni respiratorie. 

Nel 1903 da Firenze l’artista si trasferì a Venezia e si iscrisse all’Istituto per le Belle Arti. Qui venne a contatto con la Biennale d’arte che era nata otto anni prima e che era riuscita a trasformare la città in una capitale delle Avanguardie, come Parigi, Vienna e Monaco. Ed è proprio a Parigi che Modigliani decise di trasferirsi definitivamente nel 1906.

Il 1906 non fu un anno qualunque per Parigi: morì Cézanne, a cui l’anno successivo furono dedicate due mostre retrospettive che influenzarono fortemente i giovani artisti presenti in città. Tra il 1906 e il 1907 Pablo Picasso dipinse le Les Demoiselles d’Avignon, ritenuto il primo quadro cubista: il mondo dell’arte sta cambiando e Amedeo era lì.

A Parigi fece fatica a iniziare a lavorare perché il mercato dell’arte era saturo e i protagonisti assoluti erano Pablo Picasso e Henri Matisse, tra loro in disaccordo. Amedeo studiò ed ammirò entrambi e le sue prime ricerche si svolsero proprio in ambiente Cubista e Fauves. Iniziò a frequentare la Scuola di Parigi dove i pittori più giovani erano liberi di sviluppare uno stile personale.

Ma la vera scuola a Parigi erano i caffè, i bistrot, i cabaret e le osterie dove venivano condotte le discussioni più interessanti sull’arte, sulla poesia e sulla musica. Modigliani in poco tempo conobbe Pablo Picasso, Guillaume Apollinaire, Diego Rivera, André Breton, Henri Matisse, Suzanne Valadon, suo figlio Maurice Utrillo, Gino Severini e Constantin Brancusi. La vita parigina lo ingoiò, le sue insicurezze lo schiacciarono e iniziò a bere assenzio e fumare oppio e hashish. La sua salute cagionevole ebbe la peggio.

Nel 1917 conobbe Jeanne Hébuterne, pittrice di origini borghesi che come lui frequentava l’Accademia Colarossi e i due andarono a vivere insieme. La famiglia di Jeanne osteggiò senza alcun esito questa relazione. Col passare del tempo e il perpetuarsi di una vita dissoluta, Modigliani si ammalò nuovamente e nel 1918 decise di trasferirsi a Nizza con Jeanne, alla ricerca di un ambiente più salutare, di un clima favorevole e libero dai vizi. Lì nacque la loro figlia che chiamarono Jeanne. Ma la nostalgia di Parigi ebbe la meglio e fu così che nel 1919 la coppia si spostò nuovamente nella capitale. Amedeo riprese la sua vita fatta di eccessi e nel 1920 fu colpito da meningite tubercolare. Morì il 24 gennaio 1920. Il giorno dopo Jeanne, straziata dal dolore, incinta al nono mese, si tolse la vita gettandosi dal balcone. 

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