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La fotografia sociale: Tina Modotti

A guardarla in queste prime foto, non si direbbe mai che Tina Modotti sia stata una combattente. Capelli scuri, lineamenti gentili, la donna ritratta sembra uscita da una pubblicità dei […]

Scritto da Federica Ciribì

Sono Architetto e Dottore di ricerca in Recupero Edilizio ed Ambientale. Sono abilitata all’insegnamento di “Arte e Immagine” e di “Disegno e Storia dell’Arte” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e all’insegnamento di “Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico” presso l’Università degli Studi di Pisa.

Pubblicato il 12 Marzo 2023

A guardarla in queste prime foto, non si direbbe mai che Tina Modotti sia stata una combattente. Capelli scuri, lineamenti gentili, la donna ritratta sembra uscita da una pubblicità dei primi del ‘900. E infatti Tina fu modella, attrice, fotografa e combattente. E questi scatti appartengono proprio alla sua vita da modella, una vita che non le appartenne mai fino in fondo. 

Assunta Adelaide Luigia, per sempre e per tutti Tina, nacque il 17 agosto 1896 a Udine in una famiglia operaia: il padre prima falegname e poi impiegato nell’industria tessile, di ideali socialisti che gli procuravano continui licenziamenti, e la madre sarta, la avviarono al lavoro in filanda a soli 12 anni. Nel 1913 i Modotti decisero di emigrare in America in cerca di fortuna. Partirono prima il padre Giuseppe e la primogenita Mercedes e poi li raggiunsero Tina e il resto della famiglia. 

Due immagini e un odore di questi suoi primi 17 anni, le rimasero impressi per sempre: lei bambina a cavalcioni sulle spalle del padre al corteo operaio del 1° maggio a Klagenfurt; il viaggio sulla nave Moltke come passeggera di terza classe; l’odore degli acidi di sviluppo della camera oscura di suo zio Pietro, fotografo per professione. 

Così si formò il carattere di questa donna combattente, così lavorano dentro di noi i ricordi, facendo di noi quello che siamo.

I Modotti si stabilirono a San Francisco, preferendo la Costa Pacifica a quella Atlantica, per una maggiore disponibilità di lavoro ma anche per l’ambiente più dinamico, accogliente e multietnico. Qui iniziarono a lavorare, Giuseppe nei cantieri, Tina e i suoi fratelli in fabbrica.

Gli emigrati organizzavano spettacoli teatrali nel quartiere dove i Modotti andarono a vivere e Tina iniziò a partecipare a queste recite per dilettanti. La sua bellezza e il suo talento non passarono inosservati e fu così che le diverse compagnie teatrali di San Francisco iniziarono a contendersela. 

Nel frattempo Tina studiava, leggendo il più possibile, costantemente assetata di ogni aspetto del sapere e oppressa dal complesso di essere inferiore perché poco istruita, avendo frequentato in Italia solo due anni di Scuola Elementare. Fu la sua curiosità a spingerla, nel 1915, all’Esposizione Internazionale Panama-Pacific, organizzata in occasione dell’apertura del canale: qui incontrò il poeta e pittore Roubaix de l’Abrie Richey.

Seguì Robo a Los Angeles, con questo nome tutti lo conoscevano, i due si sposarono e Tina iniziò a frequentare l’ambiente colto del marito. Intanto la sua fama di attrice di teatro le permise di continuare a ottenere incarichi nel mondo dello spettacolo e fu ingaggiata come protagonista in film muti. Negli stessi anni il cinema americano stava conoscendo un altro italiano di grande bellezza e successo come Tina: Rodolfo Valentino.

Tra i vari artisti, poeti e fotografi che frequentavano la casa di Robo, Tina conobbe Edward Weston. Stanca di essere ingaggiata dal mondo dello spettacolo solo per la sua bellezza, memore degli odori della camera in cui suo zio sviluppava le foto, iniziò ad interessarsi alla fotografia. Edward si rese disponibile ad insegnarle i segreti del mestiere, anche perché il fascino di Tina non gli era indifferente. Tra i due iniziò una relazione segreta.

Robo decise di partire per il Messico in cerca di ispirazione per nuove poesie. Correva l’anno 1922, il Messico usciva dalla rivoluzione, dalla guerra civile, aveva un nuovo Ministro della Cultura, José Vasconcelos, che invitava gli artisti a collaborare con lo Stato.

Tina non seguì subito il marito e quando arrivò in Messico egli era gravemente malato. Aveva contratto il tifo e da lì a poco, morì. Tina tornò a Los Angeles ma ci stette giusto il tempo di organizzare un nuovo spostamento, questa volta con Edward Weston. Durante il primo viaggio aveva conosciuto Diego Rivera e il Messico post rivoluzionario aveva suscitato in lei un’attrazione di cui forse non era nemmeno perfettamente consapevole. 

Weston e Modotti si stabilirono in una casa fuori da Città del Messico. L’uomo le regalò una macchina fotografica e la introdusse ai segreti di questa arte. 

Furono anni complessi questi per i fotografi. Essi dovettero farsi spazio e convincere il pubblico delle potenzialità dello strumento. Stava per nascere il fotogiornalismo, basato su una nuova idea di fotografia, la Straight Photography.

La fotografia diretta stava sostituendo il pittorialismo, la tendenza fino a quel momento più diffusa basata sulla manipolazione dell’immagine, sui contorni sfumati che legavano ancora la nuova arte a quella tradizionale della pittura. 

La locuzione “fotografia diretta” comparì per la prima volta nel 1904, sulla rivista fondata da Alfred Stieglitz, e fu associata proprio allo scatto “The Steerage” di Alfred stesso, fatto durante una traversata dall’America all’Europa che documentava la condizione dei viaggiatori di terza classe.

Fin dall’inizio, lo sguardo di Tina sul mondo fu lontano e diverso da quello di Edward, fu lo sguardo di una viaggiatrice di terza classe. Nella sua memoria, nel suo lavoro, non mancarono mai la dimensione socialista di suo padre, l’aver conosciuto la fame, il bisogno di giustizia sociale che aveva condotto lei e la sua famiglia ad attraversare l’Oceano.

Città del Messico era mossa da turbolenze politiche perché non tutte le promesse della rivoluzione erano state mantenute e mancavano ancora leggi che proteggessero i lavoratori dallo sfruttamento e dai salari troppo bassi per consentire condizioni di vita dignitose. 

E così mentre Weston immortalava il mondo e Tina in scatti dalle geometrie perfette, la donna fissava la natura umana con uno sguardo che dimostrava empatia. Nacquero così scatti memorabili come Manos con pala , Manos con Tìteres, Juchitecas. Non erano solo semplicemente gli scatti di una fotoreporter lontana e distaccata che documentava, erano e sono gli scatti di una donna che stava per sempre fissando la sua storia su una pellicola, una storia di miseria e privazione che conosceva in prima persona.

In alto a sinistra: Tina Modotti, Manos con tìteres, 1923-1927
In basso a sinistra: Tina Modotti, Manos con pala, 1923-1927
A destra: Tina Modotti, Juchitecas, 1923-197

Scrisse di loro Anita Brenner, antropologa, giornalista e storica messicana: “ Tina è fondamentalmente un’artista… Sta imparando da Weston, ma il suo lavoro è molto più dolce, molto più emozionante. Lui lavora sulla nettezza dei contorni, con un sentimento architettonico della materia. Tina è in sintonia con gli esseri umani e ha una sensibilità per l’alone romantico delle cose che le proviene dall’origine italiana.”

Fu proprio questa sensibilità di Tina verso il mondo della fatica, degli ultimi, verso le battaglie per la giustizia sociale, a farla iscrivere nel 1927 al Partito Comunista messicano e a farla scendere in campo nella campagna “Giù le mani dal Nicaragua”, organizzata in seguito all’invasione del Paese da parte degli Stati Uniti. 

Nello stesso anno partecipò alle manifestazioni organizzate per la liberazione di Ferdinando Sacco e Bartolomeo Vanzetti, operai italiani anarchici, arrestati e poi giustiziati per un omicidio di cui furono accusati e che solo dopo si scoprì, ingiustamente. Durante queste manifestazioni Tina fece nuove amicizie: in particolare conobbe due uomini che si rivelarono molto importanti per lei. 

Il primo fu Antonio Mella, esule cubano col quale convisse due anni e che fu ucciso con un colpo di pistola mentre i due tornavano a casa dopo essere usciti dalla redazione del giornale “El Machete”, giornale di lotta in cui erano impegnati.

Il secondo fu Vittorio Vidali, rivoluzionario di professione, agente segreto dell’URSS. Era con lei Vittorio nel 1930 quando fu espulsa dal Messico con l’accusa di avere partecipato all’attentato al presidente del Messico Pascual Ortiz Rubio. Ed erano sempre insieme in Spagna, nel 1936, dove Tina fu impegnata per combattere al fianco dei repubblicani contro i nazionalsocialisti. 

Tornò in Messico come esule solo nel 1939 e continuò ad essere impegnata in politica, aderendo alle iniziative dell’Alleanza Antifascista Giuseppe Garibaldi. In Europa e poi in questo ultimo soggiorno scattò poche fotografie, assorbita come era nella lotta per i diritti dei lavoratori e la giustizia sociale.

Morì su un taxi, la notte del 5 gennaio 1942, per cause mai stabilite, dopo una cena a casa di amici. Chi fu con lei nell’ultimo periodo, parlò di una donna consumata dalle sue stesse passioni. Alcuni avanzarono l’ipotesi dell’avvelenamento per mano di Vittorio Vidali, del quale conservava numerosi segreti. Uno dei suoi fratelli, che l’aveva vista nell’agosto del 1940, disse di averla salutata in quell’occasione “per sempre”, consapevole dello sfinimento fisico ed emotivo della donna.

Tina rappresenta per l’arte uno snodo cruciale, il passaggio da un’era a un’altra, dall’era della foto artistica e pittorica a quella della foto documento. 

Tina rappresenta anche un esempio importante per tutte le donne: come già in quegli anni stava facendo Elizabeth Miller, seppe affrancarsi dal suo ruolo di donna oggetto per diventare protagonista del mondo della fotografia, prima con la Graflex che le aveva regalato Edward e poi con una nuova macchina che aveva acquistato lei stessa. Non fu determinante questo passaggio da uno strumento più semplice a uno più sofisticato ed anzi le foto per cui sarà ricordata per sempre sono proprio quelle fatte con la Graflex, dimostrandoci così la potenza del suo sguardo, la profondità del suo cuore e l’importanza del ricordo nel nostro divenire.

Bibliografia minima e referenze fotografiche
Elisabetta Rasy, Le indiscrete. Storie di cinque donne che hanno cambiato l’immagine del mondo, Mondadori 2021.
AA.VV., Tina Modotti e il Messico, Catalogo della Mostra, Genova – Palazzo Ducale, 8 aprile – 9 ottobre 2022

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